Fascite plantare - Fisioterapia Palermo

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Fascite plantare

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Conosciuta anche come aponeurosi plantare o legamento arcuato, la fascia plantare consiste in una banda di tessuto connettivo fibroso dalla forma triangolare collocata nella parte inferiore del piede, giusto sotto la pelle, che si estende dal processo mediale del tubercolo calcaneare anteriore al punto di congiunzione tra le teste metatarsali e la base delle falangi.

Le funzioni svolte dalla fascia plantare sono numerose:

  • sostiene e mantiene l’arco plantare;
  • protegge le strutture profonde del piede, come nervi e vasi sanguigni; 
  • previene l’eccessiva dorsiflessione del piede, cioè il portare la punta del piede verso l’alto; 
  • è zona di ancoraggio per alcuni muscoli del piede;
  • assorbe sollecitazioni e tensioni che coinvolgono il piede, svolgendo la funzione di ammortizzatore;
  • distribuisce il peso in fase sia statica, sia dinamica. 

Quando si avverte dolore al tallone (tallonite) o, più in generale, alla pianta del piede si ha a che fare con la fascite plantare. Si tratta di una condizione che interessa prevalentemente gli sportivi (in particolare i corridori) a seguito di una ripetizione continua di eccessivi sovraccarichi a livello podalico anche se, dal punto di vista fisiopatologico, sembrerebbe essere causata dalla degenerazione della fascia plantare e non tanto da una sua irritazione o infiammazione.

Di solito, bastano anamnesi ed esame obiettivo per ottenere una diagnosi ma, in alcuni casi, è preferibile ricorrere a esami di diagnostica per immagini per confutare qualsiasi dubbio.

Quali sono le cause della fascite plantare?

La causa precisa della fascite plantare è, ancora oggi, oggetto di studi; gli esperti ritengono che la condizione sia il risultato di un’eccessiva sollecitazione della fascia plantare che, se sottoposta a stress e microtraumi continui, degenera e provoca dolore.

Tuttavia, la fascite plantare presenta tutte le caratteristiche tipiche di una sindrome da sovraccarico funzionale, cioè di una condizione muscolo-scheletrica innescata da una sollecitazione ripetuta e costante di una determinata zona anatomica.

Oltre la sollecitazione continua, esistono altri fattori di rischio della fascite plantare:

  • obesità e sovrappeso;
  • attività sportive che richiedono un impatto ripetitivo del piede su una superficie dura, come la corsa;
  • indossare scarpe non adeguate, prive di ammortizzazione per esempio;
  • muscoli del polpaccio corti o retratti.

Inoltre, alcuni soggetti sono più predisposti alla fascite plantare rispetto ad altri:

  • chi decide di iniziare una nuova attività fisica che comporta un alto impatto per il piede senza una preparazione adeguata;
  • chi ha un arco plantare più alto della media, un’anomalia congenita che non si può correggere ma può essere gestita;
  • chi ama la corsa e sport simili, che dovrebbe seguire uno schema motorio ben preciso onde evitare infortuni.

Quali sono i sintomi e le complicazioni della fascite plantare?

Quando insorge, la fascite plantare si manifesta tipicamente con un dolore localizzato nella parte inferiore del tallone che, a volte, può estendersi al mesopiede (quindi a metà del piede). Si tratta di solito di un dolore dalla comparsa graduale, che inizia in modo lieve e successivamente diventa particolarmente fastidioso.

La maggior parte dei pazienti avverte questo tipo di dolore soprattutto dopo un periodo di inattività abbastanza prolungato o subito dopo un’attività stressante per il piede, quindi a seguito di una corsa o di una camminata.

La particolarità del dolore della fascite plantare sta nel fatto che, in occasione del movimento, non reca particolare fastidio; terminata l’attività, però, può diventare addirittura invalidante e debilitante.

Inoltre, il dolore tipico della fascite plantare può essere sordo, acuto o bruciante e può comparire o solo in un piede o in entrambi i piedi.

Se la fascite plantare viene trascurata o non trattata adeguatamente può provocare dolore cronico che, alla lunga, rende difficile e fastidioso lo svolgimento delle attività motorie più semplici, come una banale caminata. Non solo, perché il dolore spinge il paziente ad assumere atteggiamenti e posture per soffrire meno, il che aumenta il rischio di sviluppare problemi articolari a carico di ginocchio, caviglia, anca e zona lombare.

Infine, se portata allo stremo, la fascite plantare può sfociare in una vera e propria rottura della fascia stessa, che provoca dolore acuto e gonfiore e richiede necessariamente l’intervento chirurgico.

Come si diagnostica la fascite plantare?

Per ottenere la diagnosi di fascite plantare bastano, di solito, l’anamnesi e l’esame obiettivo. In caso di dubbi, però, lo specialista può richiedere alcuni esami diagnostici per immagini per ottenere informazioni più precise e dettagliate.

Con l’anamnesi, il medico analizza i sintomi riportati dal paziente e, sulla base di questi, prova a risalire a possibili cause scatenanti; con l’esame obiettivo, invece, valuta lo stato di salute generale del paziente tramite:

  • l’osservazione dell’arco plantare;
  • la palpazione dell’area del tallone;
  • l’analisi delle conseguenze del movimento delle dita del piede interessato;
  • la valutazione della mobilità della caviglia e della capacità di allungamento dei muscoli del polpaccio.

Fatto questo, per chiarire qualsiasi dubbio, il medico potrebbe richiedere alcuni esami strumentali come i raggi X, la risonanza magnetica e l’ecografia, che consentono di accertare che il dolore al tallone sia effettivamente causato da una fascite plantare.

Ottenuti i risultati, è possibile procedere con una terapia adeguata.

Come si cura la fascite plantare?

Il trattamento più indicato per la fascite plantare è di tipo conservativo, grazie al quale circa il 90% dei pazienti può trarre beneficio e ottenere risultati notevoli e duraturi. In una prima fase, quando il dolore è particolarmente acuto, al paziente è consigliato:

  • stare a riposo, inteso come astenersi da tutte quelle attività che possono causare dolore e aggravare la condizione;
  • applicare localmente del ghiaccio, dall’azione analgesica e antinfiammatoria;
  • assumere farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) per alleviare il dolore e ridurre l’infiammazione.

Trascorsa questa prima fase, è opportuno che il paziente segua un percorso fisioterapico personalizzato. La fisioterapia gioca un ruolo-chiave nel processo di guarigione da una fascite plantare e, nella maggior parte dei casi, prevede:

  • esercizi di stretching per il polpaccio e per la fascia plantare;
  • esercizi di propriocezione;
  • specifiche attività di rieducazione motoria, soprattutto per gli sportivi.

Al contempo, può essere utile indossare plantari, tallonette e stecche per la fascia plantare, cioè dei tutori notturni, che possono sicuramente alleviare i sintomi senza, tuttavia, guarire del tutto la condizione.

In soccorso del rimedio conservativo, presso il Poliambulatorio D’Arpa di Palermo è possibile usufruire della Chelt Therapy, a supporto di terapie strumentali quali la laserterapia e la crioterapia: tramite il dispositivo Chelt, infatti, aumenta temporaneamente la temperatura locale rilassando i muscoli, alleviando la sintomatologia e prevenendo contratture e stiramenti. Lo strumento è totalmente personalizzabile, il che permette al medico o all’operatore di modificare i parametri in base sia alla patologia/condizione da trattare, sia alle esigenze del singolo paziente. I benefici sono notevoli, immediati e duraturi.

Se a fronte dei vari rimedi conservativi finora elencati non si dovessero raggiungere i risultati sperati, allora è possibile prendere in considerazione l’iniezione di corticosteroidi, potenti farmaci antinfiammatori in grado di ridurre il dolore. Si tratta sicuramente di un trattamento efficace ma solo per alleviare i sintomi, dato che non agisce direttamente sulle cause scatenanti.

Se anche a seguito di ciò il paziente non dovesse trovare sollievo, allora è necessario ricorrere all’intervento chirurgico, solitamente riservato ai pazienti che hanno sviluppato una fascite plantare cronica, quindi in atto da almeno 12 mesi.

Al momento, la fascite plantare può essere trattata chirurgicamente seguendo due opzioni:

  • recessione del gastrocnemio: consiste nell’allungamento di uno dei due capi del muscolo gastrocnemio con l’obiettivo di migliorare la mobilità articolare della caviglia. Di solito, si tratta di un’operazione a cielo aperto che, quindi, prevede un’incisione in occasione dell’intervento;
  • distensione della fascia plantare: prevede un’incisione parziale della fascia plantare con lo scopo di allentare la tensione a suo carico e alleviare il dolore. Si può eseguire sia tramite chirurgia classica (più semplice ma più rischiosa), sia tramite tecnica chirurgica endoscopica (più complessa ma meno rischiosa).

É bene precisare che è possibile guarire dalla fascite plantare, nonostante i tempi di recupero siano solitamente lunghi e richiedano terapie specifiche e scrupolose, ideate appositamente per il paziente. Per guarire totalmente potrebbero essere necessari anche 10-12 mesi, durante i quali il paziente deve seguire alla lettera quanto prescritto dal medico per ottenere i risultati sperati.

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